Il passato è distrutto nel presente e il presente vive soltanto perché reca futuro, si legge fra le righe del Ritratto dell’artista da giovane di Joyce.
E il giovane artista Dedalus Gabriele Aresi, che conosciamo personalmente, insieme al suo sogno, in un autoritratto del 2011 manifesto in un icastico espressionismo astratto, si affaccia all’universo dell’arte contemporanea sospeso tra passato e futuro, in una specie di limbo ricchissimo di linfa che irrora e irraggia il suo presente.
Ma è un passaggio tutt’altro che stretto quello che separa il giovane artista dall’amplissimo panorama che lo precede all’infinito habitat che lo accoglierà. È una sorta, anzi, di viatico personale molto largo, una strada principale di accesso allo stile artistico, per ora, composto di molte suggestioni, sorretto da un’ingorda ed entusiastica dotazione personale di mezzi e di codici, di forma dell’espressione. Gabriele, in queste prime prove di artista, realizzate per altro in un arco non proprio breve di anni, considerata la sua età giovanissima, si concede un grand tour mirabolante di visite e rivisitazioni dei luoghi, delle persone e delle forme che hanno connotato il paesaggio artistico contemporaneo. E ci offre il suo diario, il suo prolifico romanzo di formazione, come una specie di Piccolo principe che cerca la forma esatta della pecora in un disegno, e coltiva il suo giardino di rose, di cui ancora non sappiamo in quali forme, quali dimensioni e quali colori esibiranno la loro cifra definitiva. Per ora ammiriamo il talento, istintivo e ben attrezzato, con cui il giovane artista disegna la sua strada. Le prove di stile che ci pone all’ammirazione sono ben curate, ben interpretate, anche sofferte si direbbe. Ed è la prova provata dell’impegno che Gabriele imprime al suo cammino.

Gli artisti di Cracking Arts

"Il passato è distrutto nel presente

e il presente vive soltanto perché reca futuro"

Il viaggio, inteso non solo come spostamento fisico da un luogo all’altro, è quasi sempre ricerca, scoperta ma anche stupore ed entusiasmo per il nuovo. È un’avventura a cui ci si prepara con trepidazione e desiderio, a volte con dubbi e paure perché comunque qualsiasi atto che implica una “partenza” ha in sé l’incertezza per il nuovo, l’inatteso, ciò che ancora non si conosce.
Se immaginiamo un giovanissimo artista impegnato ad esplorare per la prima volta l’affascinante mondo della storia dell’arte, diventa naturale avvicinarlo ad un viaggiatore e pensare che possa provare tutte quelle sensazioni ed emozioni legate al viaggio.
In questo caso l’artista si chiama Gabriele Aresi e, in un arco di tempo abbastanza ampio, visita i “luoghi” dei maestri del ‘900, passando da Nouveau Réalisme alle diverse forme di Astrattismo, analizzandone ogni volta i linguaggi; ma in quale modo? Prima di tutto facendo arte.
Gabriele non ha compiuto questo viaggio in solitaria, ma in compagnia. In qualità di insegnante d’arte, ho guidato il suo lavoro aiutandolo a scegliere gli strumenti più adatti ad esprimere le proprie idee. Seguendo i modelli di approccio all’arte proposti da Bruno Munari e Marco Dallari, che condivido in toto, ho predisposto per Gabriele situazioni in cui potesse conoscere attraverso la sperimentazione. Ci ha guidati la mia profonda convinzione, mutuata dal pensiero di Bruno Munari, che “il fare” sia il modo privilegiato per conoscere, che si debbano vivere in modo creativo i meccanismi dell’arte per scoprirne i segreti, le regole e le tecniche.
Così come affermava J. Dewey, quando manipoliamo, tocchiamo e sentiamo. La mano si muove con la punta per incidere. L’occhio segue quanto viene fatto e ne constata le conseguenze.
Ogni volta, durante questo viaggio ho proposto al mio “allievo” un’opera, che fosse “paradigma di senso” per una certa tendenza, scelta dal panorama artistico del ‘900. La conoscenza dell’oggetto in questione non è avvenuta semplicemente fornendo dati e informazioni relative ad esso ma è passata dall’osservazione globale dell’opera guidata dai sensi, secondo un approccio di tipo estetico, per stimolare stupore e partecipazione diretta, alla ricerca di significati.
A ciò è sempre seguita la necessità di creare un oggetto d’arte, qualcosa che inseguisse i segreti “del fare arte” dell’artista appena conosciuto. In questa fase ho affiancato Gabriele mostrandogli un ampio campo di possibili interpretazioni, indicandogli gli strumenti più adatti ad esprimere le proprie idee, invitandolo a giocare con l’arte senza correggere o giudicare le sue scelte.
In questo viaggio-studio le mete che più hanno attratto il nostro interesse sono quelle caratterizzate dalle forme espressive innovative a cui Gabriele si è accostato con stupore ed entusiasmo ma anche desiderio e voglia di reinterpretare, sperimentando ogni volta un proprio linguaggio.
Ma qual è il motivo che ci ha portati verso queste scelte? Probabilmente la convinzione, come affermava V. Kandinskij, che il compito del pittore non è riprodurre ciò che esiste, copiare e imitare la natura, ma usare liberamente i mezzi del suo linguaggio: colori, linee, materie. All’interno di un quadro, esiste sempre un ordine interno alla forma che è indipendente da ciò che essa rappresenta. La materia, il colore sono le parole di un messaggio, di un pensiero, di una storia. Essi acquistano un significato metaforico. Gli elementi dell’opera assumono un senso evocativo dove gli oggetti si caricano di memorie e simbologie. Ognuno ha la libertà di interpretare il linguaggio dei materiali seguendo le proprie sensazioni e i propri vissuti personali. L’oggetto d’arte, con cui l’individuo si confronta, stimola così un flusso continuo di interpretazioni che rendono l’opera d’arte tale.

Giovanna Baldini

"Il compito del pittore non è riprodurre ciò che esiste,

ma usare liberamente i mezzi del suo linguaggio"

BIO

Gabriele Aresi nasce il 10 Gennaio del 1997 a Roma, città nella quale tuttora vive assieme alla sua famiglia.
Attualmente frequenta il secondo anno della Scuola Libera del Nudo presso l’Accademia di Belle Arti di Roma, a cui si è iscritto dopo aver conseguito la maturità, con votazione 92/100, al termine dell’Istituto Professionale Statale Stendhal di Roma. Benché sia molto giovane, Gabriele ha iniziato a “fare arte” già durante gli anni della Scuola Secondaria di 1° grado, periodo al quale risalgono le due opere dal titolo The Rotella dream e Io e il sogno‚ ambedue dipinte nel 2011.

A partire da Settembre del 2011, Gabriele ha iniziato un percorso individuale di tipo creativo-laboratoriale insieme alla docente Giovanna Baldini, diplomata in scenografia ed abilitata all’insegnamento delle materie artistiche presso l’Accademia di Belle Arti di Roma. In questi anni, durante questa esperienza, egli ha prodotto un numero considerevole di opere, sperimentando l’uso di differenti tecniche, passando dal décollage al collage, fino ad arrivare al materismo attraverso la velatura ed il dripping. I suoi quadri, forme espressive evidentemente astratte, risentono soprattutto dei linguaggi artistici del ‘900.
Egli, in particolare, prende in prestito e utilizza, in maniera personale, i codici rappresentativi di certe correnti artistiche del XX secolo: il décollage dal nuveau réalisme, il collage dal cubismo, il dripping dall’action painting, l’uso della materia e delle forme geometriche dalle differenti tendenze dell’astrattismo.
Gabriele oltre a “fare arte” ama anche dedicare il suo tempo all’ascolto della sua musica prediletta.
Le sue preferenze spaziano dal genere pop alla musica classica. Questa sua passione ha senz’altro contaminato il suo percorso artistico, accadimento del tutto naturale quando si tratta di arte, e ne sono una testimonianza evidente certi suoi quadri. Le opere: The Rotella dream, Il mito moderno n.1 e Il mito moderno n.2 sono un chiaro omaggio a Zucchero Fornaciari e Miguel Bosé, due dei tanti artisti del genere pop che Gabriele più apprezza.